Sono stati spostati 15.000 metri cubi di terra....
…. e con essi i miei sogni d’infanzia di guidare un Caterpillar da 30 tonnellate si è avverato.
Le autorità provarono ad imporci una cantina di cemento armato, esattamente quello che volevo evitare e che non era nemmeno necessario. “Area sismica”: ecco cosa ci ripetevano.
Allo stesso tempo, dicevo a tutti: “Vedete tutti questi castelli qui intorno? Se questa fosse davvero un’area sismica, quante volte avrebbero dovuto essere ricostruiti? Sono qui dal 1200 a.C.”.
Tuttavia, davanti alla legge non puoi fare altro che essere in difetto e perciò ho dovuto usare fondamenta in cemento armato. Eppure, non ci siamo arresi e abbiamo escogitato un trucco per evitare i campi magnetici: abbiamo collegato i fili di ferro del cemento armato con del nastro adesivo e delle reggette di plastica, interrompendo la continuità elettrica. Successivamente, abbiamo verificato con un tester che nessun flusso elettrico passasse tra un filo e l’altro.
Eureka!
Beppe Vargas ha piantato un palo al centro del piazzale e ha tirato un filo di ferro lungo 13 metri e 22 centimetri: l'ha chiamato “il compasso”.
Ha versato la malta di calce sulle fondamenta di cemento e ha posato il primo mattone: non lo dimenticherò mai!
La cantina era finalmente in costruzione. Abbiamo iniziato con le pareti e poi le centinature in polistirolo, a sostegno della volta. A poco a poco si stava sviluppando il tunnel, un metro al giorno… quando eravamo fortunati.
Quando le mura raggiunsero l'altezza prevista, Beppe Vargas iniziò a murare una cupola del raggio di 6 metri.
Anche in questo caso il genio dell’artigiano fece la sua parte: piantò un altro palo d’acciaio alto 10 metri al centro dell’edificio, utilizzando alcuni cuscinetti a sfera, e creò così un altro compasso con lo stesso raggio di curvatura della cupola. Immagina un sottile palo curvo, che tocca leggermente il muro in costruzione e raggiunge ogni singolo mattone.
Con questo compasso poteva raggiungere ogni singolo punto e determinare facilmente dove posare ogni mattone.
C’era una bellezza nascosta nel vedere tutti quei muratori che tiravano il compasso per tutta la circonferenza della cupola, mentre sei o sette di loro stavano posando i mattoni in zone diverse.
Visitando siti antichi, anche in questa regione, ho osservato sempre la stessa cosa: più poveri erano gli uomini, più guadagnavano in termini di tempo.
E questo tempo lo hanno dedicato ad abbellire le cose intorno a loro, come case, chiese e villaggi. Se presti attenzione a ogni segno del passato, dalle case dei contadini alle cattedrali, vedrai che questo concetto si ripete. Io la chiamo “la ricchezza della povertà”, intesa come capacità di investire tempo nel creare bellezza.
Alle Ripi siamo stati fortunati: nei primi anni gli investimenti fatti in vigna e la ristrutturazione del podere non avevano permesso di investire in cantina. Dovevamo aspettare. In questo arco di tempo, lungo 7 anni, abbiamo potuto approfondire il progetto e siamo giunti all’idea finale. Se le circostanze fossero state diverse, probabilmente avremmo avuto una cantina in cemento armato.
Poiché eravamo costretti a essere parsimoniosi, le nostre scelte dovevano essere più accurate e questa cantina, alla fine, è costata leggermente meno rispetto alla stessa superficie realizzata in cemento armato. Abbiamo constatato che avere pazienza e dedicare alle cose la giusta quantità di tempo ci ha permesso di ottenere una cantina bella ed etica, costruita in bioarchitettura e con costi contenuti: un risultato di cui essere orgogliosi