Dedichiamo molte cure ed attenzione ai dettagli durante tutto il lavoro in vigna, per noi non è altro che una continua ricerca d’armonia ed un intento di imprimere salute in tutto quello che facciamo. Così anche la nostra cantina è stata pensata per estendere questo viaggio.
La vendemmia è senz’altro il momento più eccitante dell’anno, quando finalmente si tirano le somme. Avendo vigneti su due versanti diversi di Montalcino, sappiamo che la vendemmia ha sempre una sua progressività partendo da est per finire ad ovest. Molto si basa sull’assaggio delle uve, ci interessa il sapore più di ogni altra cosa e deve essere ben formato. Negli ultimi anni stiamo anticipando sempre di più la raccolta, arrivando ad iniziare i primi giorni di settembre. Raccogliamo a mano, seguendo il calendario biodinamico, l’uva posta in ceste da circa 15 kg viene trasportata a Castelnuovo dove viene selezionata manualmente. Solitamente processiamo le uve raccolte al mattino, mentre quelle del pomeriggio vengono stemperate per 10-12 ore in una cella frigo, per fare in modo che entrino nei tini ad una temperatura non superiore ai 15°C, altrimenti avremmo delle fermentazioni troppo violente.
Tutti i nostri vini subiscono un lento processo di fermentazione, che a volte dura mesi o addirittura anni. La fermentazione avviene in grandi tini di rovere dei Vosgi a forma di mezzo cono. Una volta riempito il tino, iniziamo i rimontaggi aperti, da due a quattro volte al giorno, a seconda di come procede la fermentazione. La nostra cantina funge da piccolo incubatore microbiologico, dove da sempre avviene la fermentazione spontanea. Di conseguenza, ospita una comunità eterogenea di lieviti che ciclicamente svolgono il 95-98% della fermentazione nei primi mesi, talvolta lavorando in parallelo con la fermentazione malolattica, che negli ultimi anni è diventata sempre più impaziente.
Se le fermentazioni rallentano molto e il lievito entra in una fase di stasi interrompiamo ogni apporto d’aria e tendiamo a riempire e chiudere il tino con le bucce al suo interno, una sorta di piemontesina o cappello sommerso. La primavera successiva i vini manifestano sempre un risveglio fermentativo stimolati dal cambio di stagione e attraverso una scia fermentativa che può arrivare a durare anni, gli ultimi residui zuccherini si esauriscono. Nulla viene aggiunto al vino, oltre a piccole quantità di solfiti che stiamo cercando di limitare allo stretto necessario vino per vino.
Il Sangiovese non è una varietà semplice e mal si adatta ai protocolli a tavolino, è per questo che ogni anno cambiamo qualcosa cercando di adattarci all’annata. Ci piace molto l’idea di fare un passo indietro e lasciare spazio alla natura in tutte le sue forme. Siamo presenti in quello che facciamo semplicemente per accompagnare, non per dominare o viziare il processo. Abbiamo fiducia nei nostri vigneti e nel lavoro che svolgiamo in campo, il vino non è affidato a consulenti ma a persone che da anni vivono il podere in prima persona. Ci prendiamo qualche rischio in più e alcune volte le cose non vanno come sperato, ma molto molto più spesso, invece, le cose vanno alla grande e di certo noi non avremmo saputo fare meglio di come la natura riesce a fare, semplicemente trovando la sua strada. Tutto quello che facciamo è volto a lasciar affiorare l’anima di questa terra.
Tutti i nostri vini, una volta svinati, iniziano la loro maturazione in botte grande. Anche qui non c’è una regola, ogni annata viene ascoltata per capire come possiamo evitare superflue interazioni. Alcune annate hanno bisogno di respirare nella botte per periodi più lunghi, anche 40 mesi, altre, soprattutto le annate accalorate, galoppano e dopo 24-26 mesi di botte manifestano altre esigenze.
Tutto quello che facciamo è cercare di non disturbare troppo il vino, evitando travasi inutili e limitando le nostre interferenze. Il vino attraversa periodi di riduzione o rifermentazione, ma non ci spaventa, anzi, questo è ciò che ci aiuta a mantenere quell’energia e quella vitalità che farà la differenza dopo 5 anni d’invecchiamento.
Quando il vino ha esaurito il suo rapporto con il legno lo spostiamo in grandi vasche di cemento, che riteniamo essere il miglior materiale intermedio tra legno e bottiglia, qui i vini possono riposare e depositare i sedimenti per gli ultimi 12-24 mesi.
Una volta deciso che il vino è pronto, è questione di aspettare la luna giusta ed imbottigliare con un’ultima piccola aggiunta di solfiti.
1: 1,618033, questo il rapporto, considerato magico che è stato utilizzato in architettura dal 1500 a.C., quando fu costruito Stonehenge.
Anche in natura la sezione aurea traspira definendo forme come le eliche del DNA, le spirali di certe galassie, la disposizione di alcuni organi fiorali nelle piante: un numero divino e che consideriamo portatore di armonia.
Abbiamo evitato di creare un campo magnetico diverso da quello del luogo stesso, semplicemente rimuovendo il 90% dello scheletro in cemento armato della struttura, che avrebbe sicuramente comportato una gabbia di Faraday a causa della continuità elettrica attraverso le armature in ferro.
Il Pantheon
Inoltre, eliminare le ampie colate di cemento, a nostro avviso, ci avrebbe evitato di costruire un edificio incapace di respirare e accogliere la ritmicità della terra. È stato come chiederci cosa avrebbe preferito il vino: riposare all’interno di un edificio moderno, costruito in cemento armato, oppure, lasciarsi accogliere in un piccolo tempio realizzato in materiali porosi, pronto ad agire da incubatore e ad ospitare la vita, circondata così, da forme che non trascurassero armonia ed energia.
Tra il giorno in cui abbiamo iniziato a pensare ed immaginare la nostra cantina e il 2015 (anno della sua inaugurazione), sono passati complessivamente 12 anni. Ne è valsa la pena!